IL TRECENTO E IL QUATTROCENTO
Gaia e festosa fino a tutto il Trecento, veloce e geometrica
nel Quattrocento, la danza tra Medioevo e Rinascimento è un fenomeno
storico del quale solo da poco tempo - forse un ventennio - si è
intrapreso in Italia uno studio organico che tiene conto di tutti i punti
di riferimento - storici, iconografici, poetico-letterari - utili per arrivare
alla comprensione e alla riproposizione al pubblico.
Si parte con la ricostruzione di movimenti e coreografie
delle danze medievali, possibile solo con l'analisi del materiale iconografico
disponibile e la comparazione con le musiche da danza più antiche.
Un esempio è il "codice London", conservato al British
Museum: redatto in Italia, nel sud della Toscana o in Umbria, tra la fine
del XIV secolo e l'inizio del XV, contiene una raccolta di "Istampitte"
o "Estampide", "Saltarelli", "Trotto" e due
composizioni più lunghe, "Lamento di Tristano e Rotta",
"Manfredina e Rotta della Manfredina". Su alcuni di questi reperti
musicali è stato possibile ricostruire alcuni momenti di danza: balli
in cerchio, danze processionali,
a catena aperta, che si snodano passando sotto l'arco formato da una coppia
che, a braccia levate, si tiene per mano o per un corto bastoncino, come
nel celebre affresco di Ambrogio Lorenzetti (il "Buon Governo")
nel Palazzo Pubblico di Siena.
L'altro riferimento e filone di ricerca, molto più
ampio, è quello sulla danza del Quattrocento italiano. In questo
periodo compaiono i primi codici, opera dei maestri attivi alle corti dei
signori del tempo. In particolare "De Arte saltandi et choreas ducendi"
di Domenico da Piacenza, "De pratica seu arte tripudii vulgare opusculum"
di Guglielmo Ebreo da Pesaro e "Libro dell'arte del danzare"
di Antonio Cornazano. I testi erano scritti per essere donati ai principi,
"datori di lavoro" dei maestri di ballo, e allora erano ricercati
e miniati, oppure erano semplici promemoria per i maestri, e quindi redatti
con la scrittura diplomatica dell'epoca. In entrambi i casi la descrizione
delle danze era precisa ma sintetica, con scarsi riferimenti a particolari
come la posizione delle mani, l'orientamento all'interno della sala o negli
altri luoghi deputati al ballo, la posizione delle coppie e così
via. Particolari che possono essere ricostruiti oggi grazie ai molti dipinti,
miniature e affreschi, giunti fino a noi, spesso di straordinaria precisione
di particolari.
Il patrimonio costituito dalle danze italiane del Quattrocento
non è soltanto un'inesauribile miniera di movenze, coreografie, musiche.
E' anche un modo per riscoprire, nella maniera più genuina e innovativa,
il modo di essere e di pensare che caratterizzò la vita sociale e
di corte dell'Umanesimo. La danza non era solo un passatempo, un divertimento,
una tecnica di corteggiamento, una forma ludica. In quelle coreografie geometriche,
nella matematica rispondenza di musica e passi, di partizioni del terreno
e di movenze, c'è tutta la poesia e la concretezza del Rinascimento.
Bibliografia :
Mesura et Arte del danzare - Guglielmo Ebreo da Pesaro e la danza nelle Corti italiane del XV secolo - a cura di Patrizia Castelli, Maurizio Mingardi, Maurizio Padovan - Gualtieri, Pesaro 1987
Il Ballare Lombardo - Teoria e prassi coreutica nella festa di corte del XV secolo - Alessandro Pontremoli e Patrizia La Rocca - Vita e Pensiero, Milano 1987.
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